Veneto

Intelligenza artificiale per l’adattamento costiero

Un’isola tra mare e laguna

Ci troviamo sulla spiaggia del Lido di Venezia, dove tira una leggera bora e il ritmo cadenzato delle onde viene spezzato da quello dei lavori di ristrutturazione dell’albergo Excelsior, situato a pochi metri dalla riva.

La striscia di terra denominata “Lido di Venezia”, lunga circa 12 km e larga meno di 2, è un’isola che protegge la città dalla forza del mare Adriatico da un lato, e si affaccia sulla laguna dall’altro. Questa zona è particolare sotto molti aspetti: vi convivono alberghi di lusso e spiagge private per soddisfare l’alta richiesta turistica, ma è anche la casa di circa 15.000 residenti, e ospita una delle zone più ricche di biodiversità dell’intera laguna veneziana.

Un’isola tra mare e laguna

La striscia di terra denominata “Lido di Venezia”, lunga circa 12 km e larga meno di 2, è un’isola che protegge la città dalla forza del mare Adriatico da un lato, e si affaccia sulla laguna dall’altro. Questa zona è particolare sotto molti aspetti: vi convivono alberghi di lusso e spiagge private per soddisfare l’alta richiesta turistica, ma è anche la casa di circa 15.000 residenti, e ospita una delle zone più ricche di biodiversità dell’intera laguna veneziana.

Malamocco

La parte dell’isola vicina alla fermata dei battelli è quella maggiormente costruita ed abitata. Se ci spingiamo però sempre più verso est, gli edifici si diradano e la natura inizia a prevalere. Prima troviamo la zona di Malamocco:uno dei più antichi insediamenti veneziani, risalente all’epoca romana e ancora oggi abitato da poco più di un migliaio di persone. Passeggiando per questa Venezia in miniatura, ci si imbatte in vari stemmi e simboli dell’antica presenza del popolo della Serenissima.

Biodiversità tra le dune: gli Alberoni

Se ci spingiamo ancora oltre, dove la vegetazione prende il sopravvento sulle strade e sugli edifici, troviamo una zona naturale che comprende una pineta e un sistema di dune naturali ricco di biodiversità, oggi area protetta dal WWF. Quest’area protetta è un’oasi per gli uccelli marini e la flora endemica dell’Alto Adriatico. Un’importante rottura della continuità edilizia e un luogo naturale unico nell’isola, spesso frequentato dai residenti in cerca di un po’ di tranquillità lontano dalle spiagge più frequentate.

Il Lido di Venezia e i cambiamenti climatici

Come gran parte delle coste del Veneto, anche il Lido è particolarmente vulnerabile ai possibili impatti ambientali e socioeconomici del cambiamento climatico. È soggetto al rischio di inondazioni dovute al fenomeno di innalzamento del livello del mare e delle mareggiate costiere, sempre più frequenti; ma fronteggia anche diversi problemi di erosione e di intrusione salina, per i quali si prevede un peggioramento in relazione agli scenari climatici futuri. Inoltre, l’area costiera è particolarmente vulnerabile ai fenomeni atmosferici e agli eventi climatici estremi, come picchi di temperatura o violente precipitazioni, con un’alternanza sempre più accentuata tra periodi di siccità e periodi con maggiori eventi di precipitazioni intense e quindi maggiore rischio di alluvioni.

Gli impatti sulla pesca

Oltre all’aumento dei rischi legati alle alluvioni, il cambiamento climatico comporterà anche impatti sulla qualità delle acque marine e costiere dovuti all’aumento della temperatura e alle variazioni di salinità (pH) che potranno a loro volta avere delle conseguenze sugli ecosistemi costieri e sulle attività di pesca e acquacoltura, molto sviluppate lungo tutta la costa.

Le soluzioni artificiali…

Le alluvioni sono attualmente in aumento, ma già nel passato la forza del mare è stata contrastata con metodi considerati oggi “tradizionali”: i murazzi, imponenti dighe in pietra d’Istria, vennero costruiti già nel 1744 per difendere il litorale dall’erosione e dalla forza spesso imprevedibile del mare. Successivamente, sono state aggiunte varie dighe artificiali  in pietra d’Istria e cemento, a distanza regolare per spezzare la forza delle onde.
Ma queste non sono le uniche soluzioni adottate negli ultimi anni: altre prendono spunto da strategie naturali presenti nell’ambiente costiero.

… e quelle create con la natura

Un’altra risposta ai crescenti rischi collegati alle mareggiate è la creazione di sistemi di dune sabbiose per proteggere l’area più interna delle spiagge. Queste vengono collocate in tutto il litorale durante l’inverno (da novembre a marzo le mareggiate sono più frequenti), e lasciate fino all’inizio della stagione estiva. Questi sistemi di protezione si ispirano alle dune preesistenti di matrice naturale, come nel caso degli Alberoni: un esempio di come la natura si è auto-protetta dalla forza del mare.

L’approccio multi-rischio

Alla luce della molteplicità e diversità degli impatti che colpiscono la zona costiera, si è rivelato essenziale adottare un approccio cosiddetto multi-rischio, che tiene conto cioè dei vari rischi in maniera combinata e con una visione quanto più allargata possibile, per evitare che soluzioni a determinati impatti diventino le cause di altri.

L’approccio multi-rischio nella gestione
dell’adattamento nelle zone costiere

Guarda la video intervista

Silvia Torresan

CMCC, Co-Direttrice Divisione Analisi dei Rischi e Strategie di Adattamento

Il ruolo dell’intelligenza artificiale e il machine learning

Ma come fare a prevedere e gestire efficacemente i danni derivanti dai diversi impatti del cambiamento climatico? I ricercatori del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici hanno sviluppato un modello che integra parametri climatici, fattori di esposizione e vulnerabilità e gli impatti di eventi passati per comprendere meglio i cambiamenti che avverranno in futuro. 

Machine learning e IA per la
prevenzione e gestione del rischio

Guarda la video intervista

Silvia Torresan

CMCC, Co-Direttrice Divisione Analisi dei Rischi e Strategie di Adattamento

L’innovazione del modello

Ciò che rende innovativo il modello di machine learning sviluppato al CMCC è la capacità di integrare al suo interno, in una sorta di scatola nera (black box), un’enorme quantità di informazioni eterogenee: dati atmosferici, come ad esempio la temperatura o la precipitazione, ma anche oceanografici, quali il livello dell’altezza del mare e le correnti, e anche territoriali quali ad esempio la presenza o meno di opere o misure di adattamento nel momento del verificarsi dei danni registrati nel periodo di riferimento (2009-2019). A questi dati vengono poi aggiunti altri indicatori con scenari futuri fino al 2050. 

Come funziona il modello

Guarda la video intervista

Maria Katherina Dal Barco

CMCC, Divisione Analisi dei Rischi e Strategie di Adattamento

I risultati emersi

Un primo risultato emerso dal modello è l’individuazione di un diverso andamento degli indicatori di temperatura, precipitazione e innalzamento del livello del mare non solo nel giorno in cui il danno è stato registrato, ma soprattutto nei tre giorni precedenti l’evento estremo che lo ha causato. Ad esempio, in alcuni casi tre giorni prima del verificarsi di un evento estremo è stato rilevato un incremento di temperatura che ha portato ad un accumulo di energia che ha a sua volta portato al verificarsi dell’evento stesso (e conseguente danno registrato). Risultati come questo possono essere molto utili per aiutare a prevedere e gestire danni futuri.

Cosa ci si aspetta per il futuro

Grazie all’integrazione all’interno del modello di scenari futuri fino al 2050 con indicatori atmosferici e oceanografici, siamo oggi in grado di identificare la frequenza con cui i danni si verificheranno nel futuro. I risultati attesi man mano che ci si avvicina al 2050 vedono purtroppo un incremento dei danni derivanti dall’aumento di precipitazioni, dall’aumento di temperatura e dall’innalzamento del livello del mare. L’impatto di questi danni si ripercuoterà su tutti i settori dell’economia, dal turismo ai servizi, ma anche sugli ecosistemi e i sistemi naturali, come quelli presenti agli Alberoni, e sui beni culturali e storici come il sito di Malamocco.

“Il nostro modello impara dai dati del passato e ci aiuta a prevedere i danni nel futuro”

Maria Katherina Dal Barco

CMCC, Divisione Analisi dei Rischi e Strategie di Adattamento

Dopo AdriaClim: scalabilità e riutilizzo del modello

L’utilizzo di questo modello, che i ricercatori intendono rendere replicabile e scalabile anche su altre aree della Regione del Veneto e su altre zone costiere dell’Italia, aiuterà a mettere in atto delle misure di adattamento adeguate seguendo un approccio multi-rischio che permetterà di affrontare i vari impatti e i danni derivanti senza aumentare la vulnerabilità delle coste ad altri tipi di rischi climatici.